L’intelligenza artificiale sta velocemente penetrando in moltissimi ambiti della nostra vita quotidiana, sia privata che professionale. Recentemente Google ha persino annunciato il lancio in Italia di un fondo da 3 milioni di euro per sviluppare soluzioni ad impatto positivo che utilizzino l’intelligenza artificiale (La Stampa, 6 luglio 2023, p.29). Intanto, uno dei motivi per cui molti attori e sceneggiatori di Hollywood sono in sciopero è il timore che in futuro possano essere ‘sostituiti’ dall’intelligenza artificiale che, una volta scansionato l’attore, potrebbe consegnarne l’immagine alle case cinematografiche per farne ciò che vogliono.

L’opinione degli italiani sull’IA è generalmente positiva, a dimostrarlo è l’indagine di Swg per Italian Tech sull’influenza che hanno avuto gli algoritmi (definiti come gli ingranaggi dell’intelligenza artificiale) sulle nostre vite. È emerso che il 61% degli intervistati ha un’opinione positiva degli algoritmi, riconoscendo il loro ruolo positivo nella scienza, nella medicina, nei processi industriali e nel settore della logistica e dei trasporti. Alcuni li considerano alleati preziosi, soprattutto i giovanissimi, mentre altri li vedono come servitori fedeli dell’uomo. Tuttavia, il 50% ha una percezione negativa e li considera nemici da tenere d’occhio. Fra chi è preoccupato per la crescente importanza che l’IA potrebbe arrivare a ricoprire in breve tempo, ci sono in particolare persone senior e lavoratori autonomi che temono di essere sostituiti in campo professionale dalle capacità degli algoritmi.

In effetti, quando si parla dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro, i pareri sono discordanti. Il 74% crede che gli algoritmi miglioreranno la produttività, l’efficienza e l’organizzazione del lavoro, mentre il 66% ritiene che avranno un impatto positivo sulla sicurezza sul lavoro. Tuttavia, il 49% teme un impatto negativo su salari e livelli retributivi. Per quanto riguarda le singole professioni, è diffusa la convinzione che i lavori manuali siano quelli che meno verranno modificati dagli algoritmi: ruoli come quello dell’idraulico, dell’elettricista, dell’operaio edile e metalmeccanico sono considerati liberi dalle possibili interferenze con l’IA. Sempre secondo il sondaggio, invece, impiegati di banca, addetti al controllo qualità, agenti di viaggio e cassieri sarebbero i più a rischio di contaminazione.

In generale, l’approccio degli italiani nei confronti dell’IA risulta essere fiducioso, con il 45% delle persone che pensa alla rivoluzione portata dagli algoritmi nel mercato del lavoro come ad un’opportunità, e il 57% che crede persino che l’IA possa avere un impatto positivo su ritmi e carichi di lavoro.

Secondo gli esperti, affinché i lavoratori di oggi e di domani siano in grado di cogliere le opportunità che la tecnologia porterà nel mercato del lavoro, sarà sempre più necessario implementare una sorta di upskilling digitale, da declinarsi in corsi di formazione interna, messi a disposizione dalle aziende, ed esterna, in collaborazione con università e istituti tecnici. L’upskilling digitale non solo aiuterà i lavoratori a sfruttare le opportunità offerte dalla tecnologia, ma contribuirà anche a ridurre il divario digitale tra le diverse fasce della popolazione e a promuovere una maggiore inclusione sociale ed economica.

Come accade per tutte le innovazioni dirompenti, inoltre, è auspicabile che l’uso dell’intelligenza artificiale venga ulteriormente regolamentato, per tenere sotto controllo gli aspetti che potrebbero mettere a rischio questioni che ci stanno a cuore, come privacy e sicurezza dei dati.

Che siate preoccupati delle interferenze che l’IA potrebbe avere sul vostro lavoro, oppure no, vale la pena ricordare che l’intelligenza artificiale, per quanto efficiente, non può ambire ad aspetti come emotività o colpi di genio: queste restano, almeno per ora, prerogative solamente umane.

 

 

 

 

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