Serviranno altri 50 anni al ritmo attuale prima che la parità di genere sia legalmente sancita in tutto il mondo. È quanto emerge dal rapporto Women, Business and the Law della Banca Mondiale tenendo conto della disuguaglianza fra uomo e donna in settori come famiglia, istruzione, mercato del lavoro, sicurezza sociale e partecipazione politica (La Stampa, 3 marzo 2023, pp. 24-25).

L’Italia ha ottenuto un punteggio di 97,5, due punti sopra la media dei Paesi membri Ocse, ma sotto rispetto ai 14 Paesi che raggiungono un punteggio di 100 su 100 (Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia). Mentre l’Italia si posiziona bene su temi quali uguaglianza legale e discriminazione basata su norme, le principali mancanze riguardano la divisione del lavoro in casa e in famiglia e l’accesso al mercato del lavoro e a posizioni di vertice, dando esito a salari e pensioni inferiori a quelli maschili.

Eppure, una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro costituirebbe un vantaggio per l’intera società e rinvigorirebbe l’economia: l’impatto sul Pil pro-capite potrebbe essere compreso fra il 6,1% e il 9,6% in Europa, mentre la stima per l’Italia arriva al 12% (Eige). Inoltre, come riportato da Economy (1 marzo 2023, p. 36), anche se in Italia solo il 3% delle aziende è guidato da un vertice donna, secondo il Fondo Monetario Internazionale permettere alle donne un maggiore accesso alle posizioni di leadership potrebbe comportare una crescita del 35% dell’economia mondiale.

Intanto l’occupazione in Italia dà buoni segnali e, anche se il mismatch tra formazione e mondo del lavoro affligge ormai un’assunzione su due (con picchi del 60-70% per la ricerca di profili STEM), i dati Istat di gennaio hanno visto crescere l’occupazione di 35.000 unità, di cui 30.000 donne. Rispetto a gennaio 2022 si contano 246.000 lavoratrici in più, con un tasso di occupazione pari al 51,9% (uomini: 69,7%) (Il Sole 24 Ore, 3 marzo 2023, p.3).

Nell’ambito delle misure che consentono alle donne di partecipare maggiormente al mercato del lavoro, Regione Lombardia ha deciso di stanziare 10 milioni di euro a disposizione delle aziende che mettono in pratica politiche di parità di genere, anche in favore della maternità. Questa misura, adottata per la prima volta in Italia dalla Regione, è principalmente volta a sostenere le aziende nel percorso di acquisizione della Certificazione di Parità di Genere, un riconoscimento volto a ridurre il divario retributivo di genere, consentire un migliore e più facile accesso mercato del lavoro, aumentare le possibilità di fare carriera e favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia.

L’agevolazione prevede due linee di finanziamento ed è destinata a medie e piccole imprese. La prima (linea A) vuole finanziare i servizi di consulenza necessari all’ottenimento della certificazione e prevede un contributo fino a €7000. La seconda, invece, (linea B) consiste in un rimborso delle spese a cui sono andate incontro le aziende per ottenere la certificazione e prevede un tetto massimo di €9000. Infine, il contributo per la singola azienda non può superare l’80% delle spese sostenute.

Le aziende provviste di Certificazione di Parità di Genere, che hanno dunque dimostrato l’efficacia delle proprie politiche di gender equality, avranno diritto a sgravi contributivi e premialità nella valutazione delle domande ai bandi pubblici. Per sapere di più sugli sgravi fiscali a cui potrebbe avere diritto la tua azienda, riguardo la Certificazione di Parità di Genere, ma anche riguardo gli sgravi contributivi relativi alle nuove assunzioni nel tuo organico, puoi visitare la pagina Trova Filiale del nostro sito e prendere un appuntamento, in presenza o telefonico, con la filiale Labor più vicina a te.

 

 

 

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